Per aver qualche speranza di curare il cancro ai polmoni, come in molte altre forme, è molto importante poterlo diagnosticare molto presto, questo lo sanno tutti. Come si fa?
Il cancro ai polmoni si manifesta con noduli, a volte molto piccoli, nel tessuto polmonare. Per trovarli, si può ottenere una ricostruzione tridimensionale dei polmoni per mezzo della Tomografia Computerizzata: ogni tomografia è composta da molte "fette", anche trecento, nelle quali cercare gli intrusi senza confonderli con altre strutture (ad esempio, un vaso sanguigno visto in sezione è rotondo proprio come un nodulo). Non solo: bisogna poterli trovare abbastanza in fretta, se uno vuole mettere su un programma di screening come quello di cui si parla qui senza dover pagare centinaia di radiologi. Dato che lo stipendio di un computer è molto più basso di quello di un medico (basta passargli un po' di corrente, e non vuole mai andare ai congressi alle Maldive), si può provare a risparmiare facendo trovare i noduli a lui.
Ma se per un essere umano (a patto che sia abbastanza allenato) cercare degli oggetti rotondi sullo sfondo irregolare del tessuto polmonare non è troppo difficile, per un computer la storia è diversa: bisogna insegnargli tutto da zero, incluso cosa vuol dire "rotondo".
Per semplificare la vita al software che deve cercare i noduli, una buona idea è riconoscere i bronchi ed i vasi sanguigni, che hanno una struttura ad albero, e dire al programma di non cercare lì. Questa operazione, in gergo, si chiama segmentazione: individuare i confini di una struttura in una immagine.
Esistono numerosi sistemi, più o meno semplici, più o meno efficaci, ma uno è il più figo: si tratta di liberare nell'albero bronchiale uno sciame di formiche e lasciarle esplorare i rami. Nientemeno.
P. Cerello, S. Cheran et al., "The Channeler Ant Model: Object Segmentation with Virtual Ant Colonies" Proceedings of IEEE Medical Imaging Conference 2008, Dresda (in press).Le formiche sono, naturalmente, virtuali: non è scontato dirlo, quando a Udine il prof. Sentimento Cuorcontento stava raccontandolo ad una mostra sull'innovazione tecnologica un visitatore ha chiesto, tra il disgustato e lo stupito, se davvero mettevamo le formiche nei polmoni della gente...
Per non prendermi glorie non meritate: sono solo marginalmente coinvolto in questo particolare lavoro. Il grosso lo hanno fatto Piergiorgio e Sorin, un dottorando di Bucarest in Italia con una borsa dell'ASP.
Le formiche virtuali, dicevamo, sono programmate per comportarsi in modo simile a quelle vere: si spostano alla ricerca di cibo, si riproducono e, dopo un po', muoiono.
Nel 1995 Dante Chialvo e Mark Millonas, del Santa Fe Institute, hanno fatto una pensata: le singole formiche non sanno praticamente nulla, ma la colonia nel suo complesso impara e si costruisce un po' alla volta una mappa cognitiva dell'ambiente in cui si muove. Secondo Chialvo e Millonas, questo è simile a quello che accade nei mammiferi: in questi la mappa cognitiva sta nel cervello, mentre quelle costruite dalla colonia sono sovrapposte all'ambiente stesso.
Chialvo, D. e Millonas, M. "How swarms build cognitive maps". The Biology and Technology of Intelligent Autonomous Agents, 144:439–450 (1995). Online qui.Come? Ogni formica, mentre si sposta alla ricerca di cibo, lascia per terra una traccia di feromone, una sostanza che le altre formiche possono "annusare" (naturalmente in biologia è un po' più complicato di così, ma qui si parla di formiche virtuali, non complichiamo inutilmente le cose). La formica può depositare più o meno feromone a seconda delle condizioni esterne, e più formiche saranno passate in un certo punto, più feromone ci sarà in quel punto. La "mappa" del feromone depositato, secondo i due, è proprio la mappa cognitiva che la colonia si è costruita.
Bisogna adesso "programmare" le formiche per esplorare l'albero bronchiale. L'ambiente virtuale in cui si muovono, cioè la ricostruzione in tre dimensioni del polmone, è divisa in voxel: cubetti che sono l'equivalente tridimensionale dei pixel. L'immagine è in scala di grigi: ogni voxel è caratterizzato da una intensità, cioè quanto è "chiaro" il grigio dell'immagine in quel punto. Le leggi che regolano il comportamente delle formiche sono abbastanza semplici:
- Le formiche partono da un "nido" opportunamente piazzato vicino alla radice dell'albero bronchiale.
- Ad ogni "passo", una formica si sposta da un voxel a uno di quelli adiacenti. Il voxel è scelto a caso, ma è più probabile che la formica vada in uno dove altre hanno già depositato del feromone. Questa probabilità è regolata da un numero chiamato (tenetevi) sensibilità osmotropotassica.
- In ogni voxel non può stare più di una formica.
- Ogni volta che passa su un voxel, la formica lascia un po' di feromone. Quanto ne lascia dipende in generale dall'intensità dei voxel lì intorno.
- Una formica parte con una certa "energia vitale"; ad ogni passo, questa aumenta o diminuisce a seconda di quanto feromone la formica ha rilasciato.
- Quando l'energia diminuisce sotto un certo valore minimo, la formica muore.
- Quando l'energia cresce oltre un valore massimo, la formica si riproduce generando altre formiche.
- Quando una formica raggiunge il bordo dell'immagine tridimensionale, casca giù e muore.
La "mappa" del feromone rilasciato dalle formiche servirà ad individuare l'oggetto da "segmentare", in questo caso l'albero dei bronchi, che risulterà costituito da tutti e soli i voxel che contengono una quantità di feromone superiore ad un certo valore.
Funziona? Sembra di sì. Provato su oggetti "artificiali" come quelli della figura qui sopra, più semplici dei polmoni, le formiche esplorano tutti i passaggi e i meandri senza troppa fatica. Naturalmente nelle immagini vere dei polmoni ci mettono molto di più, e bisogna fare ancora del lavoro perchè non facciano qualche pasticcio come perdere i bronchi più piccoli, ma il sistema è molto promettente.
Per finire, una dritta. Quello delle formiche è un sistema complesso, e la mappatura è un fenomeno emergente. Per sapere di più sulla storia del Santa Fe Institute, della nascita della scienza dei sistemi complessi e cose così, c'è il libro di Morris Waldrop qui accanto. Un po' vecchiotto e forse non scorrevolissimo, ma vale lo sforzo.
Morris Mitchell Waldrop, Complessità. Uomini e idee al confine tra ordine e caos. Torino: Instar Libri (1995)E l'ippocampo? L'ippocampo non c'entra coi polmoni (sta nel cervello), c'entra con le mappe cognitive ma il prof. Sentimento Cuorcontento, per quanto ferrato in ogni aspetto dello scibile umano, ne sa ben poco. Quindi magari ne parliamo un'altra volta.
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