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mercoledì 1 giugno 2011

Elegantemente detto

...a questo punto mi dichiaro sconfitto e cerco rifugio nel bisbigliare un utile verso di Schiller.
Elegantemente detto, no?

Sul blog del prof. S.C. non si fanno recensioni vere e proprie (quelle che ci sono sono riciclate), ma ogni occasione è buona per parlare di libri. La citazione che vedete qui sopra è tratta da un libretto celebre ma che quasi nessuno, credo, ha letto davvero: Le due culture dello scrittore ed ex-fisico inglese C. P. Snow.
Charles P. Snow, The Two Cultures and a Second Look. Cambridge University Press (1963). L'edizione di cui stiamo parlando è Le due culture, a cura di Alessandro Lanni, Venezia: Marsilio (2005)
Non offenderò la cultura dei miei lettori dicendo di quale verso si tratta (il saccente prof. S.C. ha indovinato senza andare a vedere la nota che Snow, un po' snob anche lui, premurosamente fornisce in tedesco).

Venendo al libro, che mi è capitato in mano l'altro giorno e ho finalmente letto, si capisce perchè pochi hanno seguito il mio fulgido esempio: uscito nel 1959, è ormai datato e per dirla tutta non era particolarmente profondo neanche allora. Come lo stesso Snow ammette, l'idea di un problema nella dicotomia tra cultura umanistica e cultura scientifica era nell'aria: il suo merito è principalmente quello di avere rotto il ghiaccio, suscitando un bel vespaio.

In Le due culture: successive considerazioni del 1963 (incluso in tutte le edizioni successive) Snow fa notare come lo stesso titolo abbia suscitato un vivace dibattito:
Fin dall'inizio l'espressione "le due culture" ha suscitato qualche protesta. Sono state mosse obiezioni sulla parola "cultura"o "culture"; altre obiezioni sono state sollevate, con ragioni molto più sostanziali, per quanto concerne il numero due. Nessuno, mi pare, ha ancora avuto da ridire sull'articolo determinativo.
L'edizione che ho io, pubblicata da Reset nel 2005 in occasione del centenario della nascita di Snow, è corredata di tre saggi di Giulio Giorello (condivisibile), Giuseppe O. Longo (con cui non sono d'accordo) e Piergiorgio Odifreddi (che come al solito gigioneggia a partire dal titolo, La guerra dei due mondi) che provano a guardare il testo dal punto di vista del 2005.
Per provare a suscitare un po' di vespaio anche io, ecco un minimo estratto del saggio di Longo (lo so, è fuori contesto), sentiamo che ne pensate:
Ci è stato detto che il 30% degli Europei ritiene che il sole giri intorno alla terra, e abbiamo gridato allo scandalo. Ma dov'è lo scandalo? Al barbiere e al camionista non importa nulla chi abbia ragione, se Tolomeo o Copernico. A ciascuno di noi è consentito avere molte nozioni sbagliate, purché possegga corrette quelle essenziali per la sua vita.

10 commenti:

Juhan ha detto...

Qui da me sono l'unico a non credere che la semina dell'insalata debba essere correlata alla fase lunare, l'unico a non credere ai rabdomanti e pensare che ho due zii e un fratello con questo dono. Non ho mai visto gli UFO (3 negli ultimi 8 mesi) e neanche la pantera.
Poi ho fotografato Bigfoot/Piedone e non mi hanno creduto.
Le culture sono molte più di tre, diciamo dell'ordine di aleph-zero, secondo me.

il dentista di provincia ha detto...

Caro il mio professore, ecco un argomento molto sentito qui a Bologna, dove nel 1911 al IV Congresso internazionale di filosofia, Benedetto Croce e Federigo Enriques ufficializzarono il divorzio tra le due culture, divorzio litigioso in cui le due parti stanno ancora lottando per l'affidamento dei figli. Come spesso accade in questi casi son proprio i figli il problema più grosso, perché essi sono parte in causa ed oggi il motivo della mancata conciliazione.
Non è colpa delle due culture, ma del caratteraccio dei figlioli.
Ella si stupisce che tanti non sappiano che la Terra giri attorno al sole: embè? Che je frega?
Quanti sanno cosa succede quando premono l'interruttore della luce o accendono la TV? Io personalmente non ho la più vaga idea di cosa succeda quando premo il tasto invio di questo PC.
So tante cose di anatomia, fisiologia, patologia, terapia, chirurgia, che mi servono per il mio mestiere; tante altre cose che mi servono per campare e poi, quelle che mi divertono di più, sono quelle che soddisfano la mia curiosità. Eccolo il punto: la curiosità! E' quella che ci spinge ad imparare cose inutili, che non ci servono per vivere e sopravvivere, ma che sono la parte più alta della nostra cultura. Che musiche ha composto Mozart, che libri ha scritto Steinbeck, che cosa ha dipinto Mantegna, che cosa ha costruito il Vignola? E poi soprattutto i perché, quelli che ci accompagnano fin da bambini: perché le montagne sono così alte e il mare così profondo, perché la terra trema, perché ci sono tante ossa di dinosauri, ma non ce n'è più manco uno vivo, perché abbiamo quattro arti come le mucche i cani e i gatti, perché la MQ non riesce a dare un peso alle particelle? E' una curiosità fine a se stessa, che si giustifica solo con la gratificazione che dà ad essere soddisfatta, soddisfazione sempre parziale, perché una teoria vale solo se è falsificabile e prima o poi verrà superata (ma proprio questo è il divertimento!)
Oddio, purtroppo (ma in realtà questo è già un giudizio ingiustificato), in realtà -dicevo- moltissime persone indirizzano la loro curiosità su altri argomenti: con chi vanno a letto le starlette della TV e i calciatori, quella tale mia amica si sarà rifatta l'organo mammario, quel tale prenderà la pasticca azzurra?
Fin qui non c'è nulla di male: il mondo è bello perché è vario e ognuno ha diritto ai suoi gusti ed alla sua personalità.
Ma veniamo al punto. Il problema è quando per un difetto di carattere: ignavia, saccenza, ottusità, si nega valore alle curiosità altrui, attribuendo valore solo alle cose che interessano a noi. Ecco allora che certi miei colleghi che lavorano con le mani nelle fauci altrui, scavando con i trapani, tagliando con i bisturi, strappando con le pinze; quando parlano d'altro (e lo fanno di rado) sollevano gli occhi al cielo, allargano le braccia ed esclamano: Ah, io non so nemmeno appendere un chiodo! Sono di cultura umanistica!

Stefano Bagnasco ha detto...

Caro Dentista,

sicuramente non ti è sfuggito che proprio del Congresso del 1911 abbiamo (brevemente ) parlato qui.

Comunque, mi stai dicendo che i dentisti sono per lo più umanisti o sto facendo una generalizzazione indebita?

S.

il dentista di provincia ha detto...

Per Bacco, e ripeto per Bacco. cerrrto che i dentisti (come tutti i medici) sono umanisti: non giurano forse su Ippocrate?
P.S.: il qui non mi porta da nessuna parte.

Mariano Tomatis ha detto...

In Francia arrivano al 56%, ma probabilmente per un altra interessante ragione.

Juhan ha detto...

Leggendo il testo indicato da Mariano mi è tornata in mente una mia azione di parecchi anni fa, di cui non so se essere fiero: Ero in macchina fermo al semaforo in corso Vittorio e dalla macchina vicino alla mia mi chiedono informazioni per l'albergo XXX; avendo riconosciuto Moggi junior gli ho indicato la direzione sbagliata costringendolo a fare inversione e andare verso Rivoli. Oui je suis un petit peu français, parfois ;-)

Stefano Bagnasco ha detto...

Caro dentista,

hai ragione: a causa di un mysterioso carattere invisibile il link non funziona. Prova qui, vediamo s stavolta funziona.

S.

il dentista di provincia ha detto...

Grazie prof. Ora funziona e, in realtà, l'avevo già letto. Ma con l'età ...

Eva Green ha detto...

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