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lunedì 30 maggio 2011

L'autunno dell'astrologia

È finalmente uscita sul numero 5 di Query, in arrivo agli abbonati in questi giorni, la recensione del nuovo libro di Andrea Albini, di cui avevamo parlato qui. Sfidando gli strali del Direttore, eccone qui sotto una versione leggermente adattata per tutti i fan del prof. Sentimento Cuorcontento.
Andrea Albini, L'autunno dell'astrologia. Il declino scientifico del discorso sulle stelle da Copernico ai giorni nostri Roma: Odradek (2010)

Dopo Oroscopi e cannocchiali, Albini ritorna sul tema del difficile rapporto tra astrologia e pensiero scientifico, questa volta seguendone il cammino a cavallo della nascita della scienza moderna, attraverso l’illuminismo e fino ai nostri giorni: un utile strumento per evitare le eccessive schematizzazioni e semplificazioni con cui i critici dell’astrologia rischiano di trattare un percorso storico che è stato in realtà lungo e complesso. Come suggerisce il sottotitolo, questa non è una storia dell’astrologia ma un saggio su come questa si sia trasformata da un componente integrante della pratica medica e astronomica via via fino a qualcosa di sempre meno definibile, che al giorno d’oggi mescola pretese pseudoscientifiche a argomentazioni psicanalitiche e riflessioni filosofiche a volte un po’ più rispettabili.

Gli snodi fondamentali del percorso di Albini sono il punto di partenza e il punto di arrivo: la crisi dell’astrologia con l’avvento del pensiero scientifico e del metodo sperimentale e il progressivo affermarsi di un dualismo tra un’astrologia “popolare”, in fondo non molto diversa da quella degli almanacchi già ai tempi di Galileo, e un’astrologia “colta” che ruota intorno a interpretazioni simboliche e psicologiche e che, per lo meno quando è onesta, non ha più alcuna pretesa di scientificità e predittività.

Il discorso prende l’avvio da due padri fondatori dell’astronomia come Copernico e, in particolare, Keplero. La crisi era cominciata e, come scrive Albini, Keplero «fu l’ultimo grande astronomo e matematico a credere che l’astrologia potesse avere una base reale e potesse essere in qualche modo salvata, sia pure in una forma molto diversa e ridimensionata rispetto a quella tradizionale». È interessante notare come Keplero, nel tentativo di salvare le idee astrologiche che erano parte del suo modo di pensare, inaugurasse il dualismo che vediamo ancora oggi: le profezie popolari erano «orribili superstizioni» ma un’astrologia in qualche modo “riformata” era degna di attenzione e riflessione.

Dopo Galileo la crisi è completa. I tentativi di un’astrologia “sperimentale” ed empiricamente corroborata, da Francis Bacon in poi, fallirono scontrandosi con l’impossibilità di dimostrare qualunque influenza planetaria, e nei capitoli successivi Albini segue l’evoluzione di un’astrologia ormai completamente staccata dal pensiero scientifico attraverso l’enciclopedismo, le mode rosacrociane e gli strali dei polemisti come Jonathan Swift contro gli astrologi praticanti. In una delle appendici Albini riporta per esempio L’astrologia convinta di falso di Geminiano Montanari, un libello uscito nel 1685 e mai ripubblicato, in cui l’astronomo rivela la burla giocata compilando per anni il Frugnolo degl’Influssi del Gran Cacciatore di Lagoscuro, un autorevole almanacco zeppo di previsioni completamente inventate.

L’ultimo capitolo affronta il difficile problema dell’astrologia nel mondo contemporaneo, la nascita dell’astrologia “giornalistica” in Inghilterra tra XIX e XX secolo, le mode occultiste, poi il passaggio dall’occultismo allo “psicologismo” che dopo Jung pervade molta dell’astrologia più pretenziosa. A questo punto la scienza (e forse la cultura in senso più ampio) non ha più un discorso “di” astrologia ma un discorso “sull” astrologia, per discuterne la ricchezza simbolica o la funzione sociale. La conclusione di Albini è condivisibile:
La capacità di sopravvivenza [dell’astrologia] dipende molto dalla sua capacità di adattamento alle mode, ai “discorsi dominanti” e alla prassi del momento.
Chiude il volume una nota di Giorgio Galli, di cui sinceramente non si sarebbe sentita la mancanza. Il politologo ribadisce la sua nota posizione secondo la quale «l’approccio astrologico, visto come pura superstizione, [è] stato considerato con troppo disprezzo» dagli scienziati contemporanei e in particolare dal CICAP, tentando di argomentare senza troppo successo (forse a causa del limitato spazio a disposizione) come la scienza dovrebbe ancora in qualche modo riflettere sull’astrologia.

1 commento:

il dentista di provincia ha detto...

Credo che non saranno le scienze esatte a relegare in un angolo sempre più ristretto l'astrologia, ma se c'è una speranza è nella psichiatria, soprattutto nell'aspetto moderno di studio approfondito del funzionamento del cervello e delle sue tante e differenziatissime parti.
Intanto, oggi, nei party l'astrologia è il sistema migliore per abbordare e come tale sarà dura scalzarlo.
Io infatti (che ho sempre schifato l'astrologia), non batto un chiodo! ;-)

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